Quante sono le religioni che circolano per il nostro paese e che cercano Dio per altre vie? Tante e la Chiesa cattolica ha ormai da tempo perso il monopolio. Dovremmo conoscerle, ma non possiamo parlare di tutte, ci limiteremo nei prossimi numeri a dare qualche chiave di lettura per le principali, nella convinzione che almeno una sommaria conoscenza può favorire un approccio a quel dialogo interreligioso che papa Benedetto propone ormai come linea prioritaria nella Chiesa. Tutto nasce dal fenomeno della globalizzazione, per il quale ogni angolo del pianeta è al centro del mondo. Che cos’è allora la globalizzazione? Ha toccato anche il nostro paese?
Il fenomeno della globalizzazione, che da qualche decennio sa alterando gli equilibri della nostra penisola, non sta risparmiando neppure il nostro paese. E l’aspetto più significativo ma problematico non è tanto l’arrivo di “stranieri” che circolano per le “nostre” strade, che mandano i loro figli nelle “nostre” scuole, che si inseriscono nel “nostro” tessuto sociale, ma quello che essi portano di diverso dalla “nostra” identità: cioè la “loro” cultura, la “loro” civilizzazione, la “loro” religione. Eccoci dunque arrivati.
La vera sfida della nostra epoca non è però l’arrivo di persone fisiche, giacchè la nostra penisola è stata da tempi storici un autentico laboratorio di etnie, ma l’arrivo di nuove culture, per cui la prospettiva che ci attende è la loro volontà di integrazione e la nostra capacità di confrontarci, di comprenderci, nonostante le diversità religiose, perché è proprio la Religione quella che maggiormente distingue una cultura e che quindi fotografa meglio l’ identità della persona.
Possiamo essere più o meno ospitali, più o meno arroccati alla difesa della nostra identità, ma fermare un fenomeno epocale, non è possibile e proprio la storia della nostra Italia ce lo insegna. Nessuno ignora che nel passato flussi migratori hanno permesso a circa 30 milioni di italiani di trovare nel mondo quella sopravvivenza che in patria non era stata garantita causa contingenze economiche. Ora l’Italia da terra di emigrazione è diventata terra di immigrazione, i tempi sono veramente cambiati. Ma il fenomeno fa paura ancora prima di conoscerne bene le implicazioni. E la paura è uno dei campi di battaglia della politica. La quale politica fa la sua parte e la Religione fa la sua e capita che non sempre coincidano.
Nelle nostre strade camminano dunque etnie/popoli/religioni di cui a malapena conoscevamo il nome: musulmani, induisti, buddisti, taoisti, seguaci di Confucio ….
Senza contare che, accanto a queste nuove etnie, camminano anche altre sette o confessioni, particolarmente attive queste in America, dove la maggior parte sono nate negli ultimi due secoli ma che hanno trovato anche da noi seguaci grazie ad un attivo proselitismo, di porta in porta, cui non eravamo abituati. Nuove confessioni dunque che si qualificano come “cristiane”: sembra proprio un paradosso, quasi tutte queste “altre” confessioni nascono dallo stesso Dio, discendono dallo stesso patriarca Abramo, riconoscono nella Bibbia lo stesso Libro, che però, diversamente interpretato o tradotto, ha generato scismi, lacerazioni, discordie, ed in certi ambienti ha anche partorito e partorisce tragici fondamentalismi .
Queste “altre” religioni non altereranno la nostra identità, non faranno crollare i nostri valori. Assolutamente no, se conosciamo i fondamenti della nostra Religione e consideriamo alcuni valori della nostra civiltà non negoziabili, come la libertà di coscienza, il rispetto della dignità umana.
Chiesa ed Islam: quale dialogo
Cattolici e Musulmani hanno sottoscritto una carta dei diritti.
Il papa, in occasione del 1° seminario del forum Cattolico-Musulmano tenutosi a Roma dal 4 al 6 novembre 2008, ha ufficialmente aperto il dialogo interreligioso con l’Islam. Ha infatti ricevuto le rispettive delegazioni, composte da rappresentanti dei 138 leader musulmani che avevano firmato la lettera aperta ai leader cristiani del 13 ottobre 2007, un anno dopo la memorabile lezione tenuta da Benedetto XVI a Ratisbona. Benedetto XVI a tutti ha risposto con un discorso nel quale ha precisato: "Vi è un grande e vasto campo in cui possiamo agire insieme per difendere e promuovere i valori morali che fanno parte del nostro retaggio comune. Solo a partire dal riconoscimento della centralità della persona e della dignità di ogni essere umano, rispettando e difendendo la vita, che è il dono di Dio e che quindi è sacra sia per i cristiani sia per i musulmani, solo a partire da questo riconoscimento possiamo trovare un terreno comune per costruire un mondo più fraterno, un mondo in cui i contrasti e le differenze vengano risolti in maniera pacifica e in cui la forza devastante delle ideologie venga neutralizzata".
Parole che vanno nella direzione opposta a quanti si erano dichiarati ostili all’apertura non solo al dialogo, ma anche a nuove moschee, chiedendone addirittura una moratoria e di sottoporle all’esito referendario. Il problema sollevato doveva avere una risposta da parte della Chiesa, chiamata direttamente in causa.
La Conferenza episcopale italiana ha infatti ribadito di non avere niente contro la costruzione di alcune moschee, fatta salva ovviamente la legalità di quanto avviene dentro, sostenendo che il dialogo non minaccia l’identità di nessuno, anzi la rafforza, perché questo è la migliore premessa per l’inserimento degli immigrati. Chiede solo che le nuove costruzioni siano discrete, “non invasive” dell’ambente, non diversamente dalle richieste che vengono fatte ai cristiani quando chiedono di costruire chiese in ambienti islamici: solo la ragionevolezza delle due parti può arrivare ad un accomodamento. Ma ribadisce anche l’assoluta necessità che “vi sia un controllo dello stato sulle effettive finalità religiose e che le moschee non si trasformino in luoghi destinati ad altri fini”.
Particolarmente duro era stato l’attacco al cardinal Tettamanzi, arcivescovo di Milano, uno dei più aperti al dialogo, che così risponde a chi dice che l’Islam disprezza le altre religioni, non accetta il principio della laicità, è fanatico, strumentalizza la fede, schiavizza le donne: “Intanto cominciamolo questo dialogo e cominciamo a capire se tutto questo è vero o no. Singoli gesti e atteggiamenti non siano l’occasione per guardare con sospetto tutti gli appartenenti a una religione. Anche perché ciascuno ha le sue colpe.” E sappiamo che la Chiesa, per bocca di Giovanni Paolo II ha ufficialmente fatto ammenda delle colpe passate con quelle famose “scuse” ormai passate alla Storia.
Ed il cardinal Martini di rimando: "Conoscono davvero i cristiani il pensiero e i pensieri dei musulmani e come fare per capirsi?". E propone tre vie: Abbattere i pregiudizi e l'immagine del nemico, perché i terroristi non possono davvero fondarsi sul "Corano". Studiare le differenze. Infine avvicinarsi nella pratica della giustizia, perché l’Islam in ultima istanza è una religione figlia del cristianesimo, così come il Cristianesimo è figliato dal Giudaismo. La regola aurea del cristiano è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Anzi, Martini spiega con la precisione dello studioso della Bibbia, che Gesù dice di più: "Ama il tuo prossimo perché è come te". Da lì sorge l'imperativo a praticare giustizia. E qui il cardinale di "Santa Romana Chiesa" tira fuori il Corano e legge la splendida sura seconda: Non si è giusti, se ci si inchina per pregare a Oriente o a Occidente. Giusto è colui che crede in "Allah" e nell'Ultimo Giudizio". Giusto è colui che "pieno di amore dona i suoi averi ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai pellegrini… chi fa l'elemosina e riscatta gli incarcerati.” "Costui è giusto e veramente timorato di Dio". Parole che non ammettono repliche.
Al termine dei lavori le due delegazioni hanno diffuso una dichiarazione congiunta. Un documento in 15 punti nel quale si afferma tra l'altro: "Le minoranze religiose hanno il diritto di essere rispettate nelle proprie convinzioni e pratiche religiose; hanno anche diritto ai propri luoghi di culto". Un'affermazione importante, perché è noto che tale doppio diritto è lontano dall'essere pienamente praticato negli Stati musulmani. E’ stato il primo passo di un cammino che si prospetta assai difficile, ma fermamente voluto dalla Chiesa.
E così nei prossimi numeri tenteremo di delineare le principali caratteristiche della religione musulmana, nella consapevolezza che non vi può essere comprensione e quindi dialogo senza conoscere di fondamenti della storia e della religione dell’Islam. Ed è auspicabile che altrettanto facciano tutti coloro che non conoscono la Chiesa.
Corano: i cinque pilastri dell’Islam
Corano, in arabo Qur´an, significa recitazione a voce alta. Un elemento essenziale del credo islamico è che esso si trova da sempre presso Dio ed è "disceso" integralmente su Maometto nel momento della sua chiamata profetica, chiamata la "notte del destino". È in arabo e può essere recitato ritualmente solo in questa lingua. È diviso in 114 sure, o capitoli, e ogni sura è divisa in versetti. Per l´islam il Corano non può essere sottoposto a critica, data la sua natura divina: la "porta dell´interpretazione" del Corano è dunque chiusa per sempre.
Le parole che ricorrono più spesso, contrariamente a quanto si pensa sulla jihad, o guerra santa, o sulla segregazione femminile, sono: misericordia, clemenza, carità, gratuità, dono, sulle quali il buon musulmano è invitato a meditare.
Il Corano è uno solo ed infallibile ed il testo sacro è anche preservato in paradiso in una grande tavola. Molti musulmani sono convinti che ci sia un testo solo, ma i sapienti islamici sanno che c’erano voluti circa due secoli perché venisse trascritto con grafia normalizzata ed una standardizzazione del testo. E sanno benissimo che ci sono una serie di varianti.
Secondo l’insegnamento, cinque sono i pilastri fondamentali della religione islamica:
1) La shahada o professione di fede, cioè: "Testimonio che non c'è divinità se non Dio (Allàh) e testimonio che Maometto è il suo Messaggero". La formula costituisce la condizione per diventare musulmano, qualora sia espressa con retta intenzione e pronunciata di fronte a due testimoni musulmani maschi, in grado di rendere testimonianza, ricordando che per il diritto musulmano la testimonianza è valida se fatta da due uomini o, se ciò non è possibile, da un uomo e due donne: da lì nasce l’idea che la testimonianza di due donne valga quella di un uomo.
2) La salat, la preghiera. Per eseguire la preghiera bisogna essere in uno stato di purezza rituale, quindi è necessario lavarsi. La preghiera si fa sempre rivolta verso La Mecca, (per l'Italia: sud-est), cinque volte al giorno, generalmente su un tappeto, all’invito del muezzin.
3) La zakat, o versamento a scopo pio di un'imposta di "purificazione" della ricchezza, attualmente devoluta volontariamente a organizzazioni di carità: è il debito verso Dio che il musulmano deve saldare per ciò che Egli gli ha dato: in questo modo ci si purifica e si rende legale tutto quello che si possiede. Ogni Musulmano, maschio o femmina, che alla fine dell'anno sia in possesso di circa quindici dollari o più, in contanti o in articoli di commercio, deve versare la zakah al tasso minimo del 2,5%.
4) Il Ramadan, è il nono mese dell'anno secondo il calendario musulmano. Significa in arabo "mese caldo", poiché molte volte coincide con i mesi estivi. Il digiuno durante tale mese costituisce uno dei Cinque pilastri dell'Islam e chi ne negasse l'obbligatorietà sarebbe colpevole cioè di empietà massima. Nel corso del mese di Ramadan infatti i musulmani praticanti debbono astenersi - dall'alba al tramonto - dal bere, mangiare, fumare, profumarsi e dal praticare attività sessuali. Chi è impossibilitato a digiunare (perché malato o in viaggio) può anche essere sollevato dal precetto, però, appena possibile, dovrà recuperare il mese di digiuno successivamente. In occasione del Ramadan è anche richiesto di evitare di abbandonarsi all'ira. Si attribuisce ad esempio al digiuno la dote di insegnare all'uomo l'autodisciplina, l'appartenenza ad una comunità, la pazienza, l'amore per Dio.
5) Pellegrinaggio alla Mecca costituisce il quinto ed ultimo dei pilastri dell'Islam. Esso obbliga ogni fedele, che ne abbia le possibilità fisiche ed economiche, a compiere, nell’ultimo mese del calendario islamico, almeno una volta nella vita, seguendo vari riti come il lancio di sette sassolini conto uno stele che rappresenta il diavolo, rasatura dei capelli…..